Indice Anagrafico dei corsari operanti nel Mediterraneo:
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OTTAVIO DA MONTAUTO (Ottavio Barbolani) Cavaliere di Santo Stefano. Cugino di Giulio.
+ 1648
Anno, mese |
Stato, in proprio |
Avversario |
Azioni intraprese ed altri fatti salienti |
1599 |
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E’ chiamato a far parte dell’ordine di Santo Stefano. |
1602/1603 |
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Toscana |
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Naviga agli ordini di Iacopo Inghirami. Nel giugno 1602 ha il comando della “Pisana”. Nel 1603 affianca l’Inghirami in una crociera in Sicilia; ad agosto scorta il duca di Mantova Vincenzo Gonzaga da Livorno a Napoli. Ad ottobre, sempre al comando della “Pisana”, naviga nelle Bocche di Bonifacio con il resto della squadra stefanesca (in tutto 5 galee). Sono avvistate in tali acque 6 unità barbaresche: la capitana e la padrona di Algeri, comandate da Amurat Rais e dal fratello di quest’ultimo (2 galee di 25 e di 26 banchi) ed altre 4 galee di Tunisi (di 25, 24, 23 e 21 banchi) che viaggiano di conserva con i corsari algerini. Dal resto del convoglio barbaresco rimane distaccata una galea: Iacopo Inghirami lo incita ad attaccarla con il sostegno della padrona di Cosimo Angelini. Si tratta della capitana di Tunisi, guidata da Cuprat Mustafa, difesa non solo dall’equipaggio ma anche da un contingente di 138 giannizzeri che si trova a bordo. Ottavio da Montauto effettua due tentativi di abbordaggio, entrambi respinti. Interviene la capitana di Iacopo Inghirami che sperona di poppa la nave nemica. Un terzo tentativo di abbordaggio ha ora successo. Capri Mustafa è costretto alla resa. Sono fatti prigionieri 119 uomini, dei quali una cinquantina feriti, e sono liberati dal remo 100 cristiani. Sensibili sono pure le perdite subite dai stefaneschi, 87 feriti. Nello scontro rimangono pure feriti Iacopo Inghirami ed Ottavio da Montauto ad un piede per un colpo di archibugio. Entrambi saranno curati a Pisa nel convento dell’ordine. Nell’ottobre 1613 ha l’incarico di una missione in Spagna espletata con 2 galee, la padrona e la “San Francesco”. Trasporta in Toscana 20 casse d’argento. |
1615/1619 |
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Toscana |
Corsari barbareschi |
Nel marzo 1615 è inviato in Spagna con la padrona e la “San Francesco” da Iacopo Inghirami per una missione particolare. Nel 1619 esce in guerra di corsa con 5 galee, veleggia verso Algeri e si imbatte in 3 navi barbaresche. Si mantiene a distanza non cessando di colpire con i suoi pezzi di artiglieria i legni minori; uno è colpito nell’alberatura e si ferma; sarà abbordato al tramonto. Gli altri vascelli intervengono alla difesa di tale imbarcazione ed aprono ampi varchi tra gli uomini dell’equipaggio della sua galea. Ottavio da Montauto ordina, allora, che le altre galee della sua squadra bombardino queste navi. Sono conquistati 3 vascelli (quello disalberato ed altri due). Gli schiavi catturati sono 200 e 100 i cristiani tolti alla catena. Il bottino consiste in molto denaro ed in alcuni cannoni di bronzo. Persevera nella spedizione e rientra a Livorno con a bordo 400 schiavi. |
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Toscana |
Impero ottomano |
A Messina, per collegarsi con la flotta cristiana comandata dal principe Filiberto Emanuele di Savoia. Si imbatte nella costa di Algeri in 3 legni barbareschi; li conquista a prezzo della perdita di molti dei suoi soldati. Propone di assalire Susa (Susah) nell’arcipelago; l’attacco è respinto dai corsari. Ottavio da Montauto si ritira alla volta di Cerigo (Kithira) e di Zante (Zakinthos). |
1620 |
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Aprile giugno |
Toscana |
Corsari barbareschi
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Ha il comando delle galee dell’ordine dei cavalieri di Santo Stefano. Esce da Livorno con 6 galee; sono avvistate vicino a Lampedusa 4 galee di Biserta (Banzart) che da tempo recano gravi danni alla navigazione mercantile europea, compresa quella livornese. Queste si danno alla fuga; viene abbordata la capitana nemica dopo un intenso fuoco di artiglieria. Essendo ammalato, il comando della squadra viene preso dal capitano più anziano, Alfonso Sozzifanti, che conduce la padrona. Costui prosegue nell’attacco e guida i suoi uomini al conseguente arrembaggio della nave avversaria. Dopo molte ore di lotta sanguinosa la capitana barbaresca è catturata; le altre 3 galee riescono, viceversa, a darsi alla fuga. Nella battaglia cade ucciso Alfonso Sozzifanti con altri 30 toscani tra cavalieri e soldati (i feriti sono 60). La galea predata viene rimorchiata a Livorno con 118 corsari legati al remo e 250/330 cristiani liberati dalle catene. Anche Ottavio da Montauto rientra nella città. |
Agosto novembre |
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Riprende il largo lanciandosi alla caccia di corsari. La crociera frutta buone prede. A fine agosto cattura una tartana, presso Maiorca (Mallorca) con a bordo nove turchi; a metà ottobre si impossessa presso l’isola di Molara, nelle acque sarde, di un’altra tartana con 33 corsari; a metà novembre si impadronisce, nelle vicinanze di Porto Figheri, di 2 feluche con undici turchi; seguono, poi, la cattura a Coda di Cavallo di 28 corsari, di 2 brigantini a Torre Tormentosa, sempre in Sardegna, con 62 corsari e la liberazione di molti cristiani dal remo; si impossessa, anche, di un bertone tra l’isola di San Pietro e quella di Sant’Antioco con 41 corsari algerini; nove cristiani vengono affrancati dalla schiavitù. Continua ad incrociare nelle stesse acque; nei giorni seguenti si appropria, presso gli “spalmatoi” dell’isola di San Pietro, di 2 polacche con 34 uomini tra turchi ed algerini, di molte mercanzie, di 5000 pezze da 8 reali. Sono liberati in quest’ultima operazione anche tre cristiani. |
1621 |
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Febbraio aprile |
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A febbraio si ammala e chiede di essere esonerato dal comando della squadra stefanesca. Il comando della flotta è restituito ad Iacopo Inghirami; Ottavio da Montauto è nominato viceammiraglio. Ad aprile aspetta a Livorno l’arrivo del principe Emanuele Filiberto di Savoia che ha il comando della flotta spagnola. |
1624 |
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Aprile |
Toscana |
Impero ottomano |
Alla morte di Iacopo Inghirami viene nuovamente chiamato a reggere il comando delle galee dell’ ordine dei cavalieri di Santo Stefano con il titolo di generale del mare. Manterrà questo incarico per nove anni. Salpa da Livorno con la sua squadra; espugna e saccheggia in Levante la fortezza di Chiudiceria (Kekyova) presso Capo Celidonio (Karatas Burun). Rientra a Livorno. |
Maggio |
Toscana |
Corsari barbareschi |
Sorprende nelle acque dell’isola di San Pietro, in Sardegna, il galeone di 26 cannoni di Diam Mamet, un corsaro di Smirne (Izmir) che sta desolando le coste sarde. Percuote il vascello con il cannone di corsia ed apre larghe falle nello scafo della nave avversaria. Ordina anche alle 4 galee sottili, che viaggiano di conserva con le sue 2 galee grosse, di agire in modo analogo. Da ultimo ne va all’abbordaggio con la capitana e la padrona; una investe con il rostro il galeone a poppa, l’altra al centro. I turchi si arrendono dopo un aspro combattimento: 140 sono fatti schiavi con Diam Mamet. Sono liberati 40 cristiani. |
Settembre |
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Si incontra a Portoferraio con Diego Pimentel ed Alessandro da Filicaia che comandano la squadra di Napoli e quella pontificia (altre 11 galee): costoro lo invitano ad unirsi loro per contrastare il corsaro Hasan Aga nelle acque sarde. L’organico della flotta ammonta a 15 galee. Sono attraversate le bocche di Bonifacio. |
Ottobre |
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Ai primi del mese i tre capitani avvistano all’isola di San Pietro il vascello ammiraglio di Hasan Aga senza essere intravisti dall’avversario. Si decide di attaccare la nave del corsaro con le 3 capitane e 4 galee sottili; le altre 8 si gettano a 2 a 2 contro i 4 vascelli loro più vicini. I vascelli barbareschi non si possono muovere a causa della bonaccia; le galee, invece, si avvicinano loro spinte dai remi. Il mattino seguente 7 galee napoletane speronano l’ammiraglia; la capitana di Napoli la urta con tale violenza da restare incastrata nel suo fianco. Segue l’arrembaggio, reso più difficoltoso per gli attaccanti perché le galee sono più basse del bordo del vascello. 300 uomini, senza schiavi cui badare, affrontano 1000 aggressori, divisi in 7 gruppi e distratti dal dover sorvegliare anche i movimenti delle ciurme. Al terzo assalto un colpo di archibugio al petto ferisce mortalmente Diego Pimentel. Le galee toscane e quelle pontificie si allargano secondo la linea dell’asse maggiore per non esporsi alla batteria dei fianchi nemici; la capitana di Napoli riesce a disimpegnarsi troncando a colpi d’ascia lo sperone. Nel frattempo gli altri quattro gruppi fronteggiano i rispettivi avversari. Dopo tre ore di aspro combattimento si arrendono 2 vascelli, resistono, viceversa, i 2 petacchi. L’ammiraglia avversaria, da parte sua, colpita dal fuoco convergente delle 7 galee, risponde in modo sempre meno efficace. Alla fine molti uomini del suo equipaggio disertano e si gettano in acqua. Hasan Aga entra nella santabarbara, accende una miccia e fa segnali alle galee nemiche chiedendo loro la resa. Nel contempo sale su una saettia e si fa portare all’ultimo vascello, che si trova nei pressi, a bordo del quale fugge verso Algeri. Alessandro da Filicaia ed Ottavio da Montauto non fanno accostare le loro navi al vascello; salgono invece sulla coperta alcuni soldati catalani che si danno al saccheggio nonostante gli ordini contrari. Costoro saltano in aria e la nave affonda. Tre cappuccini, catturati in precedenza dal corsaro algerino, sono salvati in mare. Dopo dieci ore di combattimento un vascello è stato affondato, 2 sono stati catturati assieme ai petacchi, uno è riuscito a fuggire con a bordo Hasan Aga. 400 turchi rimangono uccisi in combattimento o muoiono annegati, 200 sono fatti prigionieri con il rais in seconda, 60 cristiani riacquistano la libertà. Le forze collegate perdono nel complesso 60 uomini (tra soldati e marinai) mentre 200 sono i feriti. Vengono recuperati i bastimenti predati; 60 cannoni, 25000 scudi e 80000 pezze da otto reali, con un grande carico di stoffe preziose, sono spartiti con gli schiavi tra i vincitori. La sera le tre squadre entrano nel porto di Cagliari con al traino i 4 vascelli corsari. Da qui Ottavio da Montauto ed Alessandro da Filicaia navigano con le loro capitane verso la Corsica e l’isola d’Elba mentre il resto delle galee toscane e pontificie accompagna verso Napoli le galee napoletane con il feretro di Diego Pimentel. |
1625 |
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Toscana |
Duca Savoia |
Soccorre con 5 galee Genova dalle minacce del duca Carlo Emanuele I di Savoia e da quelle dei francesi. Trasporta truppe nella città; secondo le istruzioni del granduca di Toscana si astiene da ogni diretto intervento armato. |
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Scorta il cardinale Francesco Barberini in Spagna. |
1626 |
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Aprile |
Toscana |
Corsari barbareschi |
Da Barcellona riaccompagna in Italia il cardinale Ludovico da Verrazzano. Sulle coste della Catalogna avvista un vascello corsaro inseguito dalla squadra siciliana. Ottavio da Montauto lo attacca e lo cattura; lo rimorchia a Barcellona. Ottiene dal re di Spagna la consegna dei 170 prigionieri e di 70 pezzi d’artiglieria a titolo di bottino. |
Giugno |
Toscana |
Impero ottomano |
Giunge all’imbocco dei Dardanelli (Canakkale Bogazi); a fine mese sotto il fuoco delle fortezze turche si appropria di una grossa nave da carico. 79 turchi sono messi alla catena. |
1627 |
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Giugno |
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Forza i Dardanelli e le difese del Bosforo con la sua squadra di 6 galee sensili. Sotto Capo Giannizzero (Jenischehr) avvista un convoglio di 22 navi della carovana di Alessandria (Al Iskandariyah), 4 galeoni, detti sultane, una nave, una germa ed altri 16 vascelli minori. Intima la resa; i turchi, che non dispongono di armati a difesa dei loro bastimenti, si arrendono. I 22 legni sono rimorchiati: su di essi salgono nel complesso 200 marinai e soldati livornesi per governarli e per controllare i prigionieri. Ottavio da Montauto giunge al braccio di Maina e vi rimane bloccato da una tempesta; deve inoltre fare rifornimento d’acqua e l’operazione gli richiede molto tempo. Tali dilazioni fanno sì che il bey di Rodi (Rodhos) May possa intercettare la sua squadra con 16 galee giunte appositamente da Costantinopoli (Istanbul). Le navi a rimorchio sono sganciate; con abili manovre e con coraggio Ottavio da Montato dà modo ai marinai ed ai soldati che ne sono a bordo di calarsi in mare e di raggiungere le galee toscane. A titolo di ricompensa della sua attività gli sarà riconosciuta la commenda del Monte di Pietà che comporta una rendita annua di 200 scudi. |
1628 |
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Giugno |
Toscana |
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Si impossessa in Levante di 5 saiche e di un caramussali. Il giorno seguente cattura un galeone con il relativo carico: entrambe le azioni gli procurano 250 schiavi. Sbarca, poi, sulla costa con 400 soldati e saccheggia il castello di Kakava vicino al Capo Celidonio. Sono fatte prigioniere solo due donne. |
Ottobre |
Toscana |
Corsari barbareschi |
5 galee di Biserta scorrono le acque sarde e corse. Ottavio da Montauto si avvia a contrastarle. Le avvista al tramonto alle bocche di Bonifacio. Costeggia l’isola della Molara; alle prime luci dell’alba del giorno seguente le intravvede all’isola Tavolara. Aspetta che siano alla fonda per rifornirsi d’acqua e, poi, piomba loro addosso. I barbareschi fuggono. Le navi vengono inseguite. Il primo a raggiungerle è la sua capitana: nello scontro viene ferito lo stesso Ottavio da Montauto. Investe con impeto la capitana nemica e se ne impossessa. Nel contempo le galee “San Francesco” e “Santa Cristina”, comandate dall’anconetano Girolamo di Castelferretto e da Alessandro Lodi di Lodi, abbordano la padrona avversaria, l’ex galea “San Francesco” conquistata dai corsari anni prima ai cavalieri di Malta presso Murro di Porco in Sicilia. Le altre 3 navi di Biserta riescono a fuggire. Sono acquisiti 306 schiavi e vengono liberati 512 cristiani. Molti sono i morti di parte barbaresca (60 circa); tra i toscani sono uccisi 23 soldati e ne sono feriti altri 100. I corsari perdono il loro capitano Isaf Rais. Ottavio da Montauto viene accolto in trionfo a Livorno. |
Novembre |
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Consegna all’ ordine dei cavalieri di Santo Stefano una balla ed una cassa piena di magnifiche bandiere e di trofei relativi alle sue conquiste di vascelli e di galee barbaresche. |
1635 |
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Cessa dal comando della squadra del cavalieri di Santo Stefano. |
1641 |
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Viene nominato governatore di Pisa. |
1648 |
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Muore a Pisa. |
CITAZIONI
-“Veniva stimato per uno de’ più esperti capitani marittimi.” Leti