Indice Anagrafico dei corsari operanti nel Mediterraneo:

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VANNI D’APPIANO Corsaro. Figlio di Jacopo.

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Anno, mese

Stato, in proprio

Avversario

Azioni intraprese ed altri fatti salienti

1592/ 1601

Toscana

Corsari barbareschi

Nel settembre 1592 entra a far parte dell’ordine dei cavalieri si Santo Stefano. Al comando della “Livornina” affianca Marcantonio Calefati nella sua azione di pattugliamento dell’alto Tirreno e delle acque siciliane. Ha alcuni contrasti con tale ammiraglio. Alla morte del Calefati riceve talvolta il comando di 2 galee, ottenendo di fatto una relativa autonomia in seno alla squadra di galee stefanesca.

1607

Toscana

Corsari barbareschi

Milita sempre al servizio del granduca di Toscana Ferdinando dei Medici. Opera con relativa autonomia al comando di 2 galee, la “San Cosimo” e la “Livornina”. Durante l’assenza per malattia di Iacopo Inghirami pattuglia le acque dell’isola d’Elba e di Pianosa.

Marzo ottobre

 

 

E’ segnalata la presenza, di fronte alle coste meridionali della Toscana, di alcuni brigantini dediti alla cattura di legni mercantili. Vanni d’Appiano, con la “San Cosimo” e la “Livornina”, affronta 3 brigantini tunisini tra l’isola di Montecristo e le Bocche di Bonifacio. Se ne impadronisce e li rimorchia nel porto di Livorno. A bordo di uno di essi è trovato un quadro raffigurante la Madonna del Carmine, trafugato il mese precedente su una nave francese. L’immagine sacra sarà portata in processione per le strade di Livorno per essere conservata nella chiesa della confraternita dei Santi Cosma e Damiano.  202 sono i prigionieri  ridotti in schiavitù; 16 i cristiani liberati. Si sparge presto a Livorno la leggenda che nelle navi conquistate si siano trovati degli oggetti sacri: in particolare, alcuni angeli e l’immagine in rilievo della Madonna. I primi sono stati buttati in mare dai corsari; l’immagine è rimasta, invece, a bordo. Secondo tale narrazione essa avrebbe di fatto impedito ai vogatori di remare, rendendo in tal modo più facile la cattura di tutti e 3 navigli barbareschi. Ad ottobre si trova a Napoli con la “San Cosimo”. Iacopo Inghirami, che si trova anch’egli nella stessa città, riceve la visita di un capitano pontificio che gli chiede, da parte di Alessandro del Monte, di imbarcare due frati francescani su una  galea dell’ordine che deve recarsi a Messina. I due religiosi chiedono di potersi imbarcare sulla “San Cosimo”. Vanni d’Appiano si rifiuta di trasportarli perché in un recente passato ha avuto forti contrasti con alcuni frati del medesimo ordine. Iacopo Inghirami è molto contrariato da questo atto di disubbedienza. L’Appiano continua a rimanere nella sua posizione di diniego. Ogni tentativo di composizione risulta inutile. Vanni d’Appiano deve lasciare il suo incarico e rientrare in Toscana.

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